Giornata mondiale: l'acqua deve diventare un diritto umano inalienabile
Si celebra oggi la Giornata Mondiale dell'Acqua che quest'anno è dedicata al tema “Acque condivise, opportunità condivise”. Un appuntamento simbolico importante come ha sottolineato dal Segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon: “È la nostra risorsa naturale più preziosa. Più che mai dobbiamo quindi lavorare insieme per farne un uso sensato. Il nostro futuro collettivo dipende dal modo in cui gestiamo questa risorsa preziosa e limitata”.
Oggi si chiudono anche i lavori del Forum Mondiale dell'Acqua che si
tiene ogni tre anni per fare il punto sulle risorse idriche del pianeta
e della loro gestione: finisce senza l'attesa dichiarazione che gli
attivisti di tutto il mondo, riunitisi per tre giorni nel Forum
Alternativo auspicavano: che l'acqua sia definita un diritto umano per
tutti.
Una settimana cominciata con la repressione della polizia nei confronti
delle persone che partecipavano alla manifestazione contro l’apertura
dei lavori del Forum dell’Acqua, l'arresto di 17 cittadini turchi, poi
rilasciati, e con l'espulsione di due attiviste nordamericane della Ong
International Rivers, ritenute colpevoli di reato d'opinione per aver
srotolato uno striscione con la scritta “no alle dighe pericolose”. La
Turchia per molti non era il paese adatto ad ospitare l'evento, in
effetti la sua politica sull'acqua è molto discutibile, ma forse questa
scelta si è rivelata un boomerang che ha consentito di far sapere al
mondo cose che fino ad ora solo chi si occupa di queste tematiche
conoscevano. Payal Parek, una delle statunitensi rimpatriate, poco
prima di lasciare la Turchia ha detto: ”Le grandi dighe portano con sé
bugie e danni. Continuano a costruire dighe con rischi inaccettabili
per le persone e per il pianeta”. Per la sua collega Ann – Katrine
Schneider : “La diga di Ilisu nel sudest della Turchia è il simbolo
delle politiche sull’acqua e l’energia che distruggono le comunità e
l’ambiente”.
Durante la settimana tra conferenze e workshop ufficiali che hanno
riunito governanti, funzionari Onu, dirigenti di multinazionali e
esponenti della società civile si è arrivati alla bozza di
dichiarazione finale che lascia perplessi. Secondo Guido Barbera
presidente del Coordinamento di Iniziative Popolari di Solidarietà
Internazionale (Cipsi) che raggruppa 48 associazioni italiane “solo
trenta delegazioni su duecento presenti hanno espresso consenso verso
il testo conclusivo predisposto dagli organizzatori senza alcuna
possibilità di modifica. Il documento non cita mai il concetto di
diritto all’acqua e abbina il bene acqua alle problematiche
energetiche, rafforzando ancor più il concetto di mercificazione di
questo bene fondamentale ed indispensabile alla vita umana”.
Gli attivisti mettono in dubbio anche la legittimità del Forum: “Questa
occasione – prosegue Barbera – è il momento giusto per riconoscere ad
un bene comune vitale dell’umanità il giusto luogo politico di
dibattito: le Nazioni Unite. La conservazione, l’accesso, l’utilizzo,
la distribuzione e gestione dell’acqua, sono una questione politica che
interessa l’intera umanità e la politica ne è responsabile
direttamente. Non può delegarne al privato la gestione. Per questo
plaudiamo al forte richiamo del presidente dell’Assemblea delle Nazioni
Unite, affinché l’acqua venga riconosciuta come diritto universale
dell’umanità”.
Per Maurizio Gubbiotti, coordinatore della segreteria nazionale di
Legambiente e relatore al Forum delle associazioni - due punti chiave
del dibattito sull'accesso all'acqua sono l'agricoltura e i mutamenti
climatici. “Entrambi, anche se in maniera diversa - spiega il
rappresentante di Legambiente - giocano un ruolo importante rispetto
alla scarsità di questa risorsa. L'agricoltura è la maggior fonte di
consumo e di spreco di acqua nel mondo e un importante fattore di
ingiustizia sociale. Basti pensare che in Sudafrica 600mila agricoltori
bianchi consumano il 70% delle risorse idriche del Paese mentre 14
milioni di persone sono senza accesso all'acqua potabile”.
Anche per il direttore generale della Fao, Jacques Diouf, ha dichiarato
è fondamentale prestare maggiore attenzione alla gestione dell'acqua
nell'agricoltura e aumentare il sostegno e l'aiuto ai contadini nei
Paesi in via di sviluppo per affrontare i connessi problemi della
scarsità d'acqua e della fame. Nel suo intervento al Forum ufficiale ha
sottolineato che “il futuro dell'acqua è in un'agricoltura più
efficiente. I milioni di agricoltori - ha continuato - che in tutto il
mondo producono il cibo che noi mangiamo devono essere al centro di
ogni processo di cambiamento: hanno bisogno di essere incoraggiati e
indirizzati a produrre di piu' con meno acqua. Cio' richiede
investimenti e incentivi ben finalizzati, oltre ad un contesto politico
adeguato”. Diouf ha ricordato che l'agricoltura conta per il 70% di
tutto il consumo di acqua potabile a livello mondiale, sebbene esistano
differenze a seconda dei diversi livelli di sviluppo dei paesi. Bastano
dai due ai tre litri di acqua al giorno per soddisfare il fabbisogno
giornaliero di liquidi di un individuo, ma ne occorrono 3.000 per
produrre l'equivalente del nostro fabbisogno quotidiano di cibo. Diouf
ha auspicato un nuovo regime agricolo che integri il ruolo fondamentale
di questo settore nello sviluppo umano generale e rafforzi la
governance globale della sicurezza alimentare nel mondo.
Il Rapporto presentato da 24 agenzie dell’Onu poi descrive una
situazione catastrofica. Nel primo paragrafo si legge: “L’inazione non
è più una risposta il tempo stringe e bisogna smetterla di pensare a
compartimenti stagni. L’acqua non è più solo un problema ecologico. È
un problema globale e in quel problema il mondo ci può affondare".
In conclusione “il segnale che esce da Istanbul non è positivo –
sostiene Emilio Molinari, presidente del Comitato per il contratto
mondiale dell’acqua – nei documenti si afferma che l’acqua è un bene
economico e non più un diritto umano. Questo smodato bisogno di
utilizzarla per fini energetici porterà alla nascita di dighe, rovinerà
i territori e la vita di centinaia di contadini. Vedo che a livello
internazionale gli stati si stanno dimostrando deboli di fronte alle
multinazionali, ma gli enti locali stanno facendo sistema, come in
Italia. Per noi rimane solo un lato negativo: siamo gli unici al mondo
ad avere una legge che obbliga a privatizzare tutti i servizi pubblici”.
Secondo Robert Ramakant, portavoce dell’organizzazione statunitense
Corporate Accountability International, il Consiglio del Forum è
“legato alla Banca Mondiale, alle multinazionali e alle politiche dei
paesi che pensano che l’acqua sia un ‘affare’ e come tale intendono
gestirlo”. Pochi giorni prima dell’inizio del Forum, la fondazione
“France Libertés” presieduta da Danielle Mitterand ha diffuso un
comunicato intitolato ‘Quinto forum mondiale dell’acqua: una Davos
dell’acqua” in cui afferma la volontà di non partecipare al foro di
Istanbul.
“La manifestazione di Istanbul – si legge nel comunicato – è
organizzata dal Consiglio mondiale dell’acqua, un ente controllato da
Veolia e Suez (le due più importanti multinazionali francesi del
settore), e il cui presidente non è altro che il presidente della
Società dell’Acqua di Marsiglia (proprietà per metà di Suez e per
l’altra metà da Veolia). Questa istituzione è guidata da un’ideologia
neoliberista ed è in contrasto con chi chiede il diritto all’acqua
libera e non è capace di affrontare le sfide causate dalla crisi
globale; fondamentalmente è un’organizzazione di mercanti d’acqua che
offrono i loro prodotti in una fiera commerciale”. Il comunicato di
“France Libertés” prosegue chiedendo alle Nazioni Unite di creare un
altro organismo, posto direttamente sotto la sua egida, al fine di
garantire “una partecipazione trasparente della società civile e
emanciparsi da ogni carattere commerciale”.
E tutto queste denunce vengono sottolineate proprio al controvertice
delle Ong e dei movimenti sociali, che oltre a mettere in dubbio la
legittimità del Forum, criticano la sua linea a favore della
privatizzazione dell’acqua, delle parternship pubblico-private per la
gestione delle risorse idriche e delle grandi dighe. Le assemblee dei
movimenti, tenutesi gli scorsi giorni hanno approvato la loro
dichiarazione finale dove si legge che: i movimenti dell'acqua
dichiarano il World Water Forum illegittimo, una kermesse promossa
dalle grandi multinazionali che ha lasciato fuori qualsiasi voce
critica, e fanno appello ai governi affinché esso sia trasferito in
sede Onu attraverso un processo politico inclusivo e che riporti al
centro i governi. Si stigmatizza la scelta della Turchia come Paese
ospitante, dal momento che è uno degli Stati che ha la peggiore
gestione delle risorse idriche al mondo, con processi di
privatizzazione molto accentuati e sta portano avanti la costruzione di
centinaia di dighe; si è ribadito che il movimento continuerà a
battersi per l'acqua pubblica promuovendo la gestione partecipata degli
operatori pubblici e la partnership pubblica-pubblica; si fa appello
all'alleanza fra i movimenti per l'acqua, i movimenti contadini e le
reti che lavorano sul clima.
Grazie a queste arrivano segnali positivi dall'America Latina dove
proprio grazie alle mobilitazioni della società civile e ai governanti
illuminati, per esempio Bolivia e Uruguay hanno già inserito nella loro
Costituzione un articolo che vieta la privatizzazione dell'acqua.
Quella dell'Ecuador lo definisce bene comune, e in Colombia, la rete di
associazioni ambientaliste ha raccolto le firme in favore di una
proposta di referendum popolare, attualmente in discussione presso il
Senato, per inserire lo stesso articolo nella Costituzione.
E in Italia, Legambiente e Altreconomia denunciano che il volume di
affari delle società imbottigliatrici in Italia nel 2007 ha raggiunto
la cifra di 2,25 miliardi di euro, ma i canoni di concessione pagati
dalle aziende alle Regioni o alle Province, "sono a dir poco irrisori e
regolati in alcuni casi addirittura dal Regio decreto del 1927". E
rilanciano la campagna Imbrocchiamola!, per incrementare l’uso privato
e nei pubblici esercizi dell’acqua del rubinetto "perché è buona,
economica, controllata e non inquina".
Elvira Corona
tratto da www.unimondo.org
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